sabato 18 giugno 2016


Il mattino ferroso
riarso nella gola
ha sentori di vita sbagliata,
di sonno fuggito
al pendio delle ore tarde.
Aspettare per strada
la luce alla fine di tutto,
del breve corso di un giorno
come i mille prima.
Scavarsi la fossa
con un cucchiaino da caffè
è la nostra pena in terra,
l’attesa che ci sbeffeggia
e ci fotte lo stomaco.
“Un sonno di quiete domani”
è un rivolo nelle stanze
balugina come il ricordo
della sua prima volta
tristi in altre case
tenuti insieme dal vino
e un patto stretto con gli occhi.