mercoledì 29 giugno 2016


La lontananza sai
è il mio tormento
la misuro in battiti di ciglia
e nel traffico residuo
delle offerte solo per me e per te.
Rifletto il corpo che non preparo
perché non prevede il contatto,
trascino la mano dove solo tu potevi
e oggi tanti che niente lasciano.
Spenderemo tutti i risparmi
soltanto per litigare
sui binari o ai gate,
e conteremo i chilometri
come la gente fa con i minuti.
E mentre prima dividevamo tutto,
le sigarette sul balcone
dopo l’amore sulla scrivania
e i caffè in cucina seduti a terra
oggi semplicemente siamo divisi.
Perché non eravamo mai
al posto giusto io e te,
forse non c’è mai stato
uno spazio tutto per noi
amanti della terra di mezzo siamo
in transito nelle vite, l’una dell’altro.


sabato 25 giugno 2016


Dicono che l’incomodo
delle scadenze
affastellate sulla scrivania,
gli appunti di china sul calendario
riescano a tenere il tempo
misurarlo in porzioni utili,
a proporlo in piccoli traguardi.
Il segreto è contenere le cose
mi hai detto
recintarle in pochi metri
avere tutto a portata di mano.
Limitare lo sguardo
concentrarsi sulla piccolezza
contemplare la polvere
e i suoi viaggi vorticosi.
L’universo in una stanza
sentirsi al centro
una volta tanto.

mercoledì 22 giugno 2016



Vorrei farti madre
per vedere
che piangi di nuove gioie.
Vorrei farmi padre
per non essere
più un figlio nel mondo.
Perdere le notti
per accudire la nascita
invece di coltivare la morte.
Poter ancora costruire
dopo la demolizione sistematica
dei mie primi trent’anni.
Nell’età dei primi funerali
che prendono il posto
dei compleanni e i matrimoni,
i vicini muoiono lentamente
nelle cucine  e sui divani
il corpo soffre dei maledetti vizi
la testa lamenta il non fatto.
Ci vuole uno sguardo puro
per cantare una nuova canzone
una creatura che non sa nulla
per insegnarci la vita.

sabato 18 giugno 2016


Vestiti pure
di me se ti piace
e portami
tra l’orecchio e il collo
dove ti ho baciata
prima che uscissi
oppure
porta via qualcosa di me
se ancora hai posto
nella borsa o in una tasca
scritto a penna
come un saluto
o un biglietto sul cuscino
e se ancora ne hai voglia
tienimi dentro
anche un angolo basta
che tocchi
e solo di me
ti dice
io qui ti aspetto
a cullarti anche oggi
che ancora bimba sei.

Di chi erano i libri comprati in via Po?
Quante mani
prima delle mie
hanno sfogliato le pagine del Dottor Sax
e quante oggi in città
applaudivano gli ultimi della maratona
insolito con quel sole
dopo un sabato
fatto di acqua fuori
e vino in casa
sulla strada per Caselle
la ragazza del Bora Sun
sorride abbronzata dal manifesto
a una provinciale bagnata
che segna arrivo e partenza
in aereoporto gli altoparlanti
suonano in diffusione
uno Sting anemico
in volo decine di telefoni
ronzano sadici
i video del concerto di Slash
la notte prima.
Che è fatta di tanti e tanto
questa Torino che hai scelto
ma a me solo di te sa
e di pastis forse
che il sangue i chilometri
li vince
a fatica a volte, ma col sorriso.






Ti ricordi del culo di Simona?
Noi seduti sul divano
con Tobia e i troppi caffè
le sigarette, mille
e le parole confuse.

Della bottiglia di Gin caldo
in quella casa umida
del buio di giorni lunghi
del tempo, troppo
che non ne volevamo tanto.

Il passo lento sul corso
le maglie sempre più larghe
e le mani che tremavano.

Ridevamo,
poco ma veramente
bevevamo molto
e mai per festeggiare.

Sentire il mondo
che ti trapana lo stomaco
come fosse acido.

Ricordare colpe
cresciute come giganti
troppo più forti di te
e dei tuoi  occhi
che vincevano i miei
ogni volta che li incrociavano.

Oggi in chiesa
al tuo funerale
c’erano tutti
come alla Stazione
vent’anni fa
e mi manchi .

Avrei voluto avere il tempo
quello che prima avanzava
e adesso non c’è più.



Sussurri al telefono,
le nuove frasi d’amore,
le imprime un microfono
insieme al contorno e il rumore,
parole che conservano l’aria
trattengono il respiro,
per le notti a stare male
quelle con l’erba tiro dopo tiro
e liquori distillati insieme a Natale
troppo forti per il caldo
di questi giorni a cancellar memoria.
E cercare conforto,
qualcosa che è casa
dove travasarci liquidi
farci passare appetito e sete
e scoprire nudi
quanto vogliamo quiete.

Scusami se puoi
ma è solo un piccolo inverno
del cuore mio
che un breve letargo cerca.
E delle gambe doloranti
una breve pausa
dopo la strada fino a qui.
Solo con la testa
posso le distanze
e i grandi viaggi ormai.
Tornerò presto
e te ne accorgerai,
non busserò alla porta
ma porterò dei fiori nuovi.



Quello che scrivo
su questo quaderno
è il mio testamento
delle ore chiuso
nella stanza buia
privato al sole
e alla vita fuori.
Pulisco la casa
ne nascondo l’usura
come del corpo
la lenta consunzione.
Annoto tutto
perché la sera dimentico.
E poi di nuovo
il giorno seguente.
È la resistenza del maschio,
la lotta intestina.
Ascolto dischi,
leggo più che posso,
cammino lento
tra la casa
e il lavoro.
Conosco i centimetri
contemplo gli angoli
mi perdo nelle fughe
del pavimento anni settanta.
Ma ne ho bisogno, credimi
perché ho scelto di raccontarla
questa vita agra.