domenica 21 marzo 2021













E ti trovi da un lato 

più scomodo alle volte,

corroso dal sale

riarso dal sole,

come una strettoia

o una vena difettosa.

“Non avessi le mani

perderei i miei vizi

e non avessi la bocca

metà delle virtù”.

La morte ha fascino,

la sua possibilità

dietro il singolo battito.

Quando poi incontra

una vita tenace

è un incontro di boxe

fino all’ultimo round,

l’assunzione di essere

tutto e dopo niente,

una distrazione da poco

e sei al tappeto.

Ma è solo un attimo

amico mio di sempre.

Queste esistenze

anche le più disastrose

sono somma di attimi perfetti

un cronografo di sangue e ossigeno.

Siamo macchine incredibili

e tanto stupide da inciampare

sempre sullo stesso ring. 


 













L’odore dell’erba 

appena tagliata

è un grido silenzioso,

la vita invocata 

mentre si muore.

Come il gracidare

del rospo sul ciglio

canta gli ultimi attimi

prima che passi l’auto.

Così dalla rugiada

(che ha dentro il cielo)

il rivolo muto sul vetro 

schianterà una goccia

e ucciderà la notte. 

Un’emozione maiuscola,

è l’aria al mattino, 

ha il suono e il profumo

di chi ha voglia di vivere.



Sono fragile, lo sai.

Ho un costato fatto di crepe,

sono spiragli di abisso

da cui passa tutto

il male che mi fate 

e il bene che ti voglio.

Sono come fiordi 

segnati dal tempo

le falesie sulla mia schiena

era il posto delle ali, forse.

Potessi solo candeggiare il cuore

vestirei di bianco 

come John in “Abbey road”

o abraderne la superficie

con la polvere di quarzo 

come con le gomme blu 

quando tutto era pulito:

i quaderni e i polmoni.

Resta,

se accarezzi il libro di questa vita,

una traccia ruvida. 

La maglia che indosso,

é nera, lo sai, 

come la biro e la via, 

come il cielo di pece.

A guardarci bene però

basta voltare lo sguardo,

c’è una luna gigante, 

in passato credevano

facesse crescere i fiori.