sabato 23 marzo 2019




È un miracolo da niente
il tuo culo all’improvviso,
una parola precisa
in una domenica da poco.
“I miei giorni felici”
urla Wess alla radio.
È di quelli che restano
che non canta più nessuno,
dei nostri porti chiusi
e delle tue finestre serrate.
È gente da nulla
quella che chiamavo amica
e ho fratelli dissanguati
con il cuore messo male.
Nel giorno del padre
mi privo della vita
che già la mia fatica.
Finisce il nuovo romanzo:
pochi grammi
e migliaia di parole.
È il libro della luce
scritto all’alba
per anni ogni giorno.
Avrà un suo spazio,
occuperà luoghi fuori da me
lascerà una traccia nuova
del mio passaggio discreto
perché la carta resiste alla carne.


Quante volte 
conservo il mio posto
guardando la strada.
La fornaia che fuma,
il netturbino col capo chino,
la ragazza in ritardo a scuola,
il vicino sul balcone.
Nella città che accarezzo
come una scaramanzia
sotto questa pioggia
ho il passo serrato.
Prendo un caffè leggero
e ho voglia di fumare
troppo presto anche oggi.
Penso alla calendula
poco fuori le mura
alla strada per il mare
e un tappeto di acetosella.
Tiro il fiato, un respiro profondo
mi figuro le onde, un moto lento
e un orizzonte che accenna l’Albania.
Somiglia a un futuro
un tempo possibile
mi pare la pace
mi consiglia stupore.
È l’approdo che manca
la possibilità di una strada
una battigia incolume
il primo passo su questa terra
che vorrei capire.
E rispondere alla vita
disgraziata e crudele
trovare nuove parole
e un consiglio per gli amici.
Capace di vedere
qualcosa oltre la fine
delle nostre diagonali
e le orbite quotidiane.
Dormite adesso
con il sonno dei giusti
netturbino, fornaia, ragazza, vicino.
Ci vediamo domani.
È una piccola speranza.